(S. And.) «Islam e cristianesimo». Così si intitola il testo predisposto
dalla Conferenza episcopale dell'Emilia-Romagna (da ieri in libreria per i
tipi dell'Edb a L.2000), redatto da don Davide Righi dello Studio teologico
accademico bolognese. Il documento, preceduto da una presentazione firmata
dai vescovi e dagli arcivescovi della regione (che qui integralmente
pubblichiamo), giunge a qualche mese di distanza dal duplice intervento
sull'immigrazione del cardinale Giacomo Biffi (che sul tema ha sollevato un
dibattito senza precedenti). Scorrendo l'indice dell'agile volumetto che si
rivolge ai parroci, ai diaconi, ai credenti ma anche ai responsabili della
vita pubblica italiana, si trovano capitoli dedicati ai rapporti storici tra
islam e cristianesimo, alle differenze sostanziali sul piano teologico, a
quelle relative alla concezione di comunità e persona, all'idea di Stato e di
laicità. I due capitoli conclusivi si soffermano sulla situazione attuale e
sulle prospettive future. Sotto il profilo dei rapporti tra comunità ecclesiali
e immigrazione don Righi annota: «Di fronte all'ottemperamento di pratiche
assistenziali che con altre comunità di immigrati portano a una progressiva
integrazione sociale, con le comunità di musulmani ci stiamo trovando di
fronte a gruppi sociali che non hanno nessuna intenzione di
"integrarsi" nel sistema sociale italiano in quanto non ne
condividono la "cultura" intesa in senso proprio, essendo portatori
di un'altra cultura-religione: l'islam». In questa situazione è emersa sempre
più, prosegue il testo, «la debolezza delle comunità ecclesiali» ma anche si
registra un'istruzione «che in Italia è stata gestita in gran parte da forze
anti-clericali che hanno potuto pianificare la loro istruzione
anti-cattolica». Quali indicazioni per la catechesi? Suggerisce l'autore:
«Ritengo opportuno che nella catechesi si debbano mettere in luce i tratti
caratteristici di un'identità cattolica, anche in contrapposizione esplicita
alla fede islamica, qualora se ne ravvisasse la necessità». La strada
indicata per un corretto rapporto tra comunità diverse parte dall'auspicio
che «conseguentemente alla pratica del digiuno e della preghiera praticati da
questi gruppi di immigrati, i cristiani riscoprano le loro tradizioni: la
domenica; la quaresima; la penitenza e l'astinenza dalla carne il venerdì».
Don Righi non nasconde poi i rischi di un interesse superficiale dei
cristiani per l'islam. «È totalmente insufficiente la conferenza al circolo
culturale o nella sala parrocchiale. Queste iniziative rimangono incomplete se
mirano solo a informare, mentre invece dovrebbero essere incontri nei quali
si fa risaltare tutta la bellezza dell'identità cattolica». Un'ultima
raccomandazione riguarda l'attivismo islamico a livello accademico. «Penso
sia necessario - conclude don Righi - che si formino, in ogni regione
pastorale, alcune persone competenti che, studiando la tradizione islamica in
maniera non superficiale, possano già oggi, ma soprattutto domani, essere
valide controparti in ambito accademico».
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