Libri scritti da Arrigo Muscio |
SALMO 39 [1]Al maestro del coro, Iditun. Salmo. Di Davide. [2]Ho detto: <<Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua; porrò un freno alla mia bocca mentre l'empio mi sta dinanzi>>. [3]Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene, la sua fortuna ha esasperato il mio dolore. [4]Ardeva il cuore nel mio petto, al ripensarci è divampato il fuoco; allora ho parlato: [5]<<Rivelami, Signore, la mia fine; quale sia la misura dei miei giorni e saprò quanto è breve la mia vita>>. [6]Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni e la mia esistenza davanti a te è un nulla. Solo un soffio è ogni uomo che vive, [7]come ombra è l'uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga. [8]Ora, che attendo, Signore? In te la mia speranza. [9]Liberami da tutte le mie colpe, non rendermi scherno dello stolto. [10]Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei tu che agisci. [11]Allontana da me i tuoi colpi: sono distrutto sotto il peso della tua mano. [12]Castigando il suo peccato tu correggi l'uomo, corrodi come tarlo i suoi tesori. Ogni uomo non è che un soffio. [13]Ascolta la mia preghiera, Signore, porgi l'orecchio al mio grido, non essere sordo alle mie lacrime, poiché io sono un forestiero, uno straniero come tutti i miei padri. [14]Distogli il tuo sguardo, che io respiri, prima che me ne vada e più non sia. Commento Con questo lamento Davide sintetizza molte situazioni che colpiscono un pò tutti nella vita. Consapevole dei propri peccati il salmista chiede al Signore (che riconosce come Correttore delle umane debolezze per stimolare il cammino della santità) di allontanare da sè "i colpi". Non imputa a Dio Onnipotente e misericordioso un comportamento ingiusto, come spesso fanno gli uomini che si ritengono a torto perseguitati (ma non si riconoscono mai peccatori!); implora, invece, il Signore di esaudirlo nelle sue preghiere. Non teme d'invocare il Signore "liberami da tutte le mie colpe, non rendermi scherno dello stolto". Quanti di noi hanno il coraggio di implorare il Signore anche con queste preghiere? In un mondo di soli diritti credo che, purtroppo, siano ben pochi. "Sono rimasto quieto in
silenzio: tacevo privo di bene, la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
Ardeva il cuore nel mio petto, al ripensarci è divampato il fuoco; allora ho
parlato: -Rivelami, Signore, la mia fine; quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita -". Questa situazione che porta
molti a recriminare nei confronti del Signore la sorte apparentemente
favorevole degli empi, stimola invece il profeta Davide a riflettere sulla
caducità della vita umana e sulle effimere illusioni terrene che satana sventola sotto il naso dei
"boccaloni". Concetto meglio espresso nel salmo 92, 8 "Se i
peccatori germogliano come l'erba e fioriscono tutti i malfattori, li attende
una rovina eterna" e ripreso da Gesù, mediante la parabola del ricco
Epulone, con la terribile fine degli empi " Un mendicante, di nome
Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di
quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le
sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di
Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e
Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me
e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la
lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati
che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali;
ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti" (Lc. 16,20
seg.). Questa consolatoria speranza non elimina comunque il dovere di combattere con tutti i mezzi soprannaturali (preghiera, sacramenti e Parola di Dio) ed umani (ovviamente consentiti dalle leggi) per contrastare il male ed ottenere giustizia. |